Leucemia mieloide acuta. Un viaggio da fare insieme: Intervista al prog. Sergio Amadori
Una grande indagine AIL con pazienti, caregiver, ematologi e volontari per conoscere le esperienze, esigenze e i bisogni insoddisfatti nel percorso di cura
Oggi AIL presenta i risultati di un’indagine realizzata per far conoscere le esperienze e le esigenze nel percorso di cura dei pazienti con Leucemia Mieloide Acuta (LMA). Com’è nata l’idea di metterla a punto e quali sono gli obiettivi? Qual è attualmente lo scenario italiano riguardo la presa in carico e l’assistenza complessiva dei pazienti affetti da una LMA? Esistono criticità e quali sono i margini di miglioramento?
L’idea di questa indagine che abbiamo chiamato “Leucemia Mieloide Acuta. Un viaggio da fare insieme” è stata sviluppata da AIL in collaborazione con DoxaPharma che ha realizzato l’indagine partendo da un questionario online rivolto a tutti gli attori coinvolti nella diagnosi, nella terapia e nella gestione della Leucemia Mieloide Acuta, vale a dire ematologi, pazienti, caregiver, volontari. Come AIL abbiamo pensato di portare avanti questo progetto per una patologia aggressiva che crea angoscia, preoccupazione e paura nelle persone che ne sono colpite e che comporta per la famiglia e il caregiver un impatto molto importante. Una diagnosi di LMA cambia in modo significativo la vita di chi ne è affetto, il paziente si sente smarrito sul piano fisico e psicologico. Quindi, l’indagine è nata proprio per essere vicini ai pazienti, coinvolgere gli attori che ruotano attorno alla malattia e ascoltarli per capire quali sono le loro opinioni in merito alla gestione del percorso di cura, quali sono le loro esperienze, esigenze e bisogni insoddisfatti. Un board di ematologi ha messo a punto il questionario e ha supervisionato i risultati della ricerca.
La presa in carico di un paziente con LMA è una priorità assoluta per il Sistema Sanitario Nazionale. Fatta la diagnosi, l’ematologo ha il compito di comunicarla al paziente, un momento cruciale in tutto il percorso di cura. Attualmente la presa in carico avviene in maniera piuttosto uniforme sul territorio nazionale; il paziente viene ricoverato in una struttura ospedaliera o universitaria di ematologia. Oggi possiamo affermare che tutti i Centri di ematologia italiani sono di livello elevato e hanno protocolli di diagnosi e cura condivisi. Quindi, lo scenario nazionale della presa in carico è di buona qualità. Il paziente italiano nel momento in cui comincia ad avere dei sintomi che fanno sospettare una malattia ematologica, qualunque sia la sua residenza, viene inviato in un Centro di ematologia che si preoccupa di affrontare il percorso diagnostico e terapeutico fino alla possibile guarigione o follow-up. Questo però è solo un aspetto della gestione di questi pazienti complessi in cui il ruolo dei familiari, del caregiver, dei volontari e dei servizi territoriali diventa altrettanto importante. Naturalmente esistono alcune criticità. Non sempre, ad esempio, le strutture sono perfettamente organizzate per poter seguire l’intero percorso di cura del paziente. Si tratta di carenze di tipo logistico, organizzativo e di risorse umane. In molti casi gli ambulatori e i day hospital sono sovraffollati. In alcuni casi i laboratori non sono sempre di terzo livello. E questo è un punto fondamentale perché la diagnosi deve essere fatta in tempi il più possibile rapida. Per superare queste carenze è necessario interloquire con le Istituzioni sanitarie regionali e nazionali che potrebbero intervenire direttamente sulla struttura e migliorarla.
AIL è vicina da sempre ai pazienti con servizi di assistenza domiciliare multidisciplinari. Con una diagnosi di LMA l’ospedale resta il fulcro fondamentale per il percorso terapeutico; secondo la sua esperienza i servizi di assistenza domiciliare riescono a sopperire in parte alle carenze delle strutture sanitarie anche sul territorio? Esiste secondo lei la possibilità di migliorare i percorsi condivisi tra ospedale e servizi territoriali per garantire la continuità terapeutica che possa concretamente aiutare i pazienti con LMA e i loro caregiver?
AIL da sempre si è preoccupata di sostenere i pazienti concretamente e lo fa da decenni anche attraverso le sue 82 sezioni, molte della quali offrono servizi di assistenza domiciliare. Naturalmente questa offerta andrebbe ampliata a tutte le sezioni per essere diffusa capillarmente sul territorio nazionale e arrivare al numero più alto possibile di pazienti. Questi servizi svolgono la loro funzione di assistenza ai pazienti nella loro abitazione ma con diversi limiti. Il paziente con una LMA è più contento di stare a casa sua invece che in ospedale e questo è più che naturale per diverse ragioni, ma il problema è che l’assistenza per questa tipologia di paziente è piuttosto complessa perché prevede visite, prelievi, terapie di vario ordine. In genere noi mettiamo a disposizione un medico quando è possibile, un infermiere e un volontario. Tutta questa attività però è appesa alla buona volontà di un’Associazione.
Per superare questa criticità, in primo luogo i servizi di assistenza domiciliare dovrebbero essere diffusi in tutto il Paese; in secondo luogo, dovrebbero essere strutture che fanno parte integrante del Centro di ematologia ospedaliero o universitario, cioè vere e proprie Unità di cure domiciliari; in terzo luogo, dovrebbero essere attivati servizi di assistenza domiciliare territoriali e in questo caso dovrebbero intervenire di nuovo le Istituzioni. In sostanza, si dovrebbe creare una sorta di partenariato tra ospedale, paziente e servizi di cure domiciliari sul territorio. Adesso si parla di medicina di comunità sostenuta dalle Istituzioni per mettere in piedi gli ospedali di comunità e strutturare servizi di assistenza domiciliare sul territorio: il PNRR prevede tutto questo e l’ospedale verrebbe sgravato dal sovraccarico di lavoro in cui oggi si trova e che costringe il paziente a un continuo andirivieni nella struttura sanitaria. Ed è proprio questa una delle priorità che ematologi, pazienti e caregiver hanno evidenziato nell’indagine di AIL.
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