Il Linfoma Non Hodgkin – La Storia Di Irene
Maggio 2013. Questa è la data che ha segnato per sempre la mia vita. Qual è la cosa peggiore che può capitare ad un’adolescente già molto introversa e schiva? La risposta potrebbe essere il cancro. Già, perché è proprio in quel giorno di primavera che mi è stato diagnosticato una delle più aggressive malattie ematologiche: un Linfoma non Hodgkin mediastinico al III stadio. Cosa vuol dire? Che una malattia molto violenta sta bussando alla porta per portarti via.
Erano mesi che non stavo bene, sintomi strani e aspecifici, sudorazione notturna, insonnia, febbre. Davo la colpa al cambio di stadio ma poi è arrivata la tosse trascurata da tutti perché andava e veniva e non se ne capiva il motivo, soprattutto in una ragazza 17enne in salute. O meglio, così apparivo.
Fino a quando ho iniziato a respirare molto male e nel giro di pochi giorni mi trovo al pronto soccorso pediatrico, il ricovero d’urgenza, perché il mio cuore non avrebbe retto ancora e da lì a poco mi avrebbero lasciato anche i miei polmoni. Tutto era confuso, poi la TAC. Si sospetta qualcosa e mi dicono che mi devono spostare in un altro ospedale perché là ci saranno dei medici competenti che mi faranno stare meglio. Io avevo già capito. Infatti le chiesi a che punto fosse il cancro e quanto mi restasse da vivere. Perché una malattia così grande ti fa provare tanta paura quanto tanta impotenza.
Dopo un viaggio in ambulanza durato una vita intera, approdo nel reparto di Oncoematologia del Regina Margherita di Torino. Il posto che mi ha salvato e cambiato la vita. Mi comunicano che devo sottopormi a diversi cicli di chemioterapia e ci sono buone probabilità di guarigione.
Dopo tanti mesi di chemio molto pesanti, vomito, perdita dei capelli, dolore e varie infezioni che hanno reso il percorso un po' più pericoloso, a ottobre mi dicono che sono in remissione completa. Cosa vuol dire? Che le cure hanno funzionato e posso tornare piano piano alla mia vita normale. Ciò è stato possibile solo grazie alla ricerca sostenuta da AIL per la cura delle leucemie, dei linfomi e del mieloma.
Ma il problema è anche superare la malattia e mi ci sono voluti quasi tre anni per riprendere le redini della mia vita. Cosa ho voluto imparare da questa esperienza? Che la vita ha un valore immenso e che sono una persona resiliente. Cosa ho sofferto di più durante la malattia? La solitudine, una malattia ancora più pericolosa del cancro, perché annulla la tua esistenza e provoca ferite che non guariranno. Il Linfoma mi ha fatto capire quanto è importante la vicinanza di chi ami, perché altrimenti non hai motivo di combattere.
Ora sono guarita da 7 anni e la mia vita continua, anzi, è iniziata quel giorno. Spero di aver fatto tesoro di tutta, o almeno parte di quella sofferenza, per farla diventare un punto di forza. Ricordatevi che per quanto si possa soffrire, arriverà il momento in cui troverete qualcuno con cui condividerla e che non vi lascerà mai soli. Non cancellerei nulla di questa esperienza perché mi ha reso la persona che sono oggi: Irene.
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