Anemia di Fanconi
L’anemia di Fanconi (descritta per la prima volta nel 1927 dal pediatra svizzero Guido Fanconi, a cui deve il nome) è una rara forma di malattia causata da mutazioni presenti dalla nascita in geni che regolano la riparazione corretta del DNA (acido desossiribonucleico).
Indice dei contenuti
Generalità
Il loro malfunzionamento porta a instabilità genetica, che predispone all’accumulo di ulteriori anomalie, con conseguente alterata produzione delle cellule del midollo osseo, e predisposizione ad altri tipi di tumori e malformazioni.
Nel corso degli ultimi vent’anni sono stati compiuti moltissimi progressi nella comprensione dei meccanismi genetici e fisiopatologici che sono alla base della malattia. A oggi, sono almeno una ventina i geni identificati come responsabili, di conseguenza la presentazione è molto variabile da caso a caso. Anche l’esordio delle manifestazioni può avvenire in momenti diversi. La maggioranza dei casi esordisce in età pediatrica, ma vi sono casi che si presentano con citopenia (riduzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) anche in adolescenza o età giovane-adulta, senza altre manifestazioni.
Le manifestazioni della malattia possono essere suddivise in tre gruppi funzionali:
Anormalità somatiche: comprendono malformazioni di vario grado a carico di zone del corpo come pollici, mani, avambracci oppure come una faccia e occhi piccoli, la bassa statura e varie anormali pigmentazione della pelle. Un recente studio effettuato sulla popolazione italiana mostra come la maggior parte dei malati presenti lievi sintomi di questo tipo, meno frequentemente sono moderati o gravi, e in alcuni casi possono mancare del tutto.
Insufficienza midollare: è ancora la maggiore causa di problemi, e probabilmente di mortalità, di questa malattia. La citopenia appare nei bambini tipicamente fra i 5 e 10 anni di età, anche se – come detto – può esordire nell’adolescenza e oltre. Alla diagnosi, la citopenia è lieve o moderata nella gran parte dei pazienti (72%). Circa 1/3 dei pazienti migliora o mantiene il suo stato di citopenia, i rimanenti 2/3 lo peggiorano.
Altre malattie maligne: l’anemia di Fanconi predispone alla possibilità di sviluppare una serie di altre malattie che possono essere di tipo ematologico (sindromi mielodisplastiche, leucemia acuta mieloide) o tumori solidi, in particolare a testa e collo, esofago, vulva e cervice. Il tasso di rischio è nettamente superiore rispetto alla popolazione normale.
Incidenza
L’incidenza stimata della malattia è di circa 1 caso su 200.000 persone ogni anno, ma esistono popolazioni – come gli ebrei Ashkenazi e gli Afrikaner – in cui la malattia si presenta con una frequenza molto più elevata.
Diagnosi
La diagnosi viene frequentemente effettuata a seguito della presenza di disordini di tipo midollare o per l’osservazione delle particolari malformazioni somatiche. Su un campione di sangue periferico vengono effettuati test in grado di valutare la sensibilità delle cellule al danneggiamento in presenza di particolari sostanze citotossiche. Data l’instabilità genetica, le cellule dei pazienti con anemia di Fanconi sono più fragili, e quindi vanno incontro facilmente a danneggiamento.
La diagnosi può poi essere perfezionata dalla ricerca della mutazione genica specifica associata.
La valutazione dell’aspetto del midollo osseo si rende spesso necessaria per escludere altri tipi di malattie del midollo che possono presentare citopenia.
Prognosi
La prognosi è molto variabile, in funzione della severità della presentazione e del tipo di mutazione alla base della malattia. Il miglioramento delle terapie di supporto ed il perfezionamento dei regimi di condizionamento per il trapianto di cellule staminali, hanno permesso a molti pazienti sopravvivenze prolungate. Resta significativo anche in questi casi però il rischio di sviluppare altri tumori.
Terapia
Dopo la diagnosi i pazienti sono inseriti in un piano di monitoraggio della malattia e seguiti in centri specializzati. Una volta stabilito lo stato di malattia si definisce anche la cadenza del monitoraggio, che deve prevedere valutazioni sia ematologiche sia screening di prevenzione di altri tumori.
La più efficace opzione terapeutica per il ripristino della normale funzionalità midollare è rappresentata dal trapianto di cellule staminali, soprattutto nelle forme moderate e gravi. Il trapianto deve però essere valutato alla luce di una situazione clinica complessiva del paziente e dipende dalla disponibilità di un donatore adeguato. Per colori i quali non possono essere indirizzati a trapianto, esistono alternative terapeutiche, anche se di minore efficacia, come gli androgeni. Possono inoltre essere necessarie terapie di supporto, come trasfusioni di emazie e di piastrine e fattori di crescita.
Ricerche future
Sono in corso ricerche cliniche circa la possibilità di effettuare una terapia genica. I primi risultati sembrano incoraggianti ma le ricerche sono ancora in una fase molto precoce dello studio sull’essere umano. Esistono anche filoni di ricerca che puntano all’identificazione di nuove molecole, in grado di stimolare l’attività del midollo e migliorare quindi i valori del sangue.