Terapia del dolore: il dolore acuto
Combattere il dolore inutile è possibile:
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Il dolore acuto
Chi di noi non ha mai provato un dolore acuto? Il dolore acuto è quello che compare all’improvviso in chi sta bene: è il sintomo di un danno di fronte a cui il nostro corpo tenta di difendersi. Ci segnala la presenza di un pericolo e ci spinge a cercare aiuto. Può presentarsi in modi diversi: un senso di oppressione, una pugnalata che trafigge, un bruciore insopportabile. Comunque sia, il dolore è una sentinella che ci avverte di “qualcosa che non va” e viene “urlato” come richiesta di aiuto, assistenza e comprensione. Ma il dolore è anche un’ esperienza vissuta nell’intimo da ogni individuo per cui lo stimolo doloroso viene percepito e si trasforma in una sensazione dolorosa, si appesantisce del vissuto individuale e si trasforma in sofferenza; il dolore acuto può modificare la sfera affettiva, risente delle emozioni e dei condizionamenti culturali. Il dolore acuto è un dolore inaspettato; la sua durata è per definizione legata alla presenza del danno o della patologia che lo ha determinato: è limitato nel tempo, ma presente quanto basta perché chi lo prova porti con sé il ricordo di ciò che ha sentito. Il dolore è il campanello d’allarme di molte situazioni patologiche e per questo non trova ragione di esistere una volta che queste siano state diagnosticate: il dolore dell’infarto miocardico, il dolore da trauma, il dolore delle coliche renali o biliari, i dolori reumatici, la cefalea, quando riconosciuti dovrebbero essere sempre curati. Oltre, la loro presenza sarebbe inutile. Inutile è anche il dolore postoperatorio chiaramente legato temporalmente all’intervento chirurgico: è un dolore atteso dal paziente, che ne immagina e raffigura l’intensità, ed è spesso motivo di ansia e paura. Un dolore acuto non trattato può cronicizzare, si può avere quel fenomeno descritto con il termine di neuroplasticità, cioè la capacità del sistema nervoso di riorganizzare nuovi circuiti in seguito a danni di tipo infiammatorio o neuropatico per cui il dolore acuto si trasforma in un dolore persistente, cronico. Si ottiene un’aumentata risposta allo stimolo doloroso, una riduzione della soglia del dolore, la diffusione del dolore in aree non coinvolte dal danno. Dolore inutile, dolore come causa d’ansia, dolore acuto che diventa cronico…allora perché non curarlo? Siamo tutti molto bravi ad assumere farmaci analgesici, quando ogni minimo fastidio può interferire con le nostre attività quotidiane, e rischiamo di rallentare il ritmo della giornata. Allora non è possibile fermarsi, quel dolore deve essere eliminato! Ma chi si ritrova già in un letto di ospedale, per lui, forse è più giusto sentire dolore? Forse è un diritto dei malati, oppure è un loro dovere? Il dolore è presente negli ospedali più di quanto si possa credere. In Italia la prevalenza del dolore valutata nel 2002 in 30 ospedali della Liguria è risultata pari al 60%: il 50% dei pazienti intervistati descriveva il proprio dolore come moderato-severo. Come mai c’è così poca attenzione verso il benessere del malato? Pochissime volte viene chiesto ai malati se hanno dolore, il più delle volte è scontato che sia il paziente stesso a dirlo. “Se avete dolore ditelo” è lo slogan di una campagna di sensibilizzazione del Ministero della Sanità Francese. E questa è la verità: il paziente spesso non confessa di avere dolore, per paura di disturbare, perché crede che sia normale che il malato soffra. I medici, da parte loro, sono spesso ciechi, perché è semplice non vedere. “Volutamente ciechi” perché fa male vedere la sofferenza, perché non sapere è più facile, e forse non sentire lo è ancora di più. Basterebbe una sola e semplice domanda: “ha dolore?” Forse basterebbe solo un pò di attenzione verso i pazienti, forse è necessario sensibilizzarsi verso questo problema, forse bisognerebbe pensare al dolore come ad una malattia e curarlo durante il decorso clinico del paziente. Forse ci vorrebbe un po’ più di coraggio: è difficile avere di fronte chi soffre e soprattutto non è facile confrontarsi con il dolore degli altri anche se con gli anni, sempre più bravi a restare impassibili di fronte alla sofferenza, questo peso si avverte di meno. Forse ai malati bisognerebbe far capire che è un loro diritto stare bene ed essere sollevati dal dolore. Iniziate a dirlo: “ho dolore”, perché la vostra voce venga ascoltata, perché non ci si approfitti della vostra pazienza. Soffrire è un sacrificio troppo grande, costoso e disumano, che non deve e non può essere accettato ed ammesso da nessuno.
Prof. Francesco Giunta Direttore della Scuola di specializzazione di Anestesia e Rianimazione, Università di Pisa
Il dolore acuto in pronto soccorso
Il Pronto Soccorso, come porta dell'ospedale, rappresenta uno dei punti nevralgici per la lotta al dolore; quest'ultimo, infatti, è sicuramente il sintomo più frequente (fino al 70% dei casi) che spinge l’utente a rivolgersi ad un servizio di Pronto Soccorso.
Le principali cause di dolore acuto per cui l'utente si rivolge al Pronto Soccorso sono molteplici.
In alcuni casi (dolore toracico non traumatico, dolore addominale non traumatico, cefalea) la caratterizzazione del dolore acuto in termini di localizzazione, intensità, modalità e tempo d’insorgenza, variazione, lo rende prezioso elemento per un corretto inquadramento diagnostico dei più vari quadri clinici; il dolore è considerato in questa fase “utile”, poiché la sua comparsa rappresenta la spia di allarme che spinge l’utente a rivolgersi al Pronto Soccorso. Proprio per questo, la cultura medica ha sempre incoraggiato il medico a non trattare il dolore finché non sia stata fatta una diagnosi, prolungando, però, le sofferenze del paziente. Questo vale soprattutto per il dolore addominale che per la sua complessità clinica è stato definito da un chirurgo del secolo scorso la “tomba del medico”… In realtà, la somministrazione precoce di un analgesico consente al paziente di rilassarsi, permettendo una più accurata valutazione medica.
In altri casi di dolore acuto (traumi, colica renale, odontalgie, procedure diagnostiche, esacerbazione di dolore cronico) il trattamento deve essere pressoché immediato, visto che esso risulta sempre “inutile” e, quindi, ingiustificato.
I cardini della gestione del dolore acuto in Pronto Soccorso sono i seguenti:
la rilevazione, misurazione e registrazione del dolore vengono effettuate all’arrivo in Pronto Soccorso da parte dell’infermiere di triage. Il metodo del triage permette di stabilire un ordine tra i soggetti che giungono in Pronto Soccorso, dando le apposite cure prima ai casi più gravi e di seguito ai meno gravi. Il grado di urgenza di ogni paziente è rappresentato da un codice colore assegnato all'arrivo (rosso, giallo, verde, bianco). Linee guida sviluppate e condivise dal personale medico e infermieristico del Pronto Soccorso identificano a chi rilevare il dolore, la scala di misurazione da utilizzare e la modalità di registrazione.
Sono state ideate alcune scale di autovalutazione che si basano sulla quantificazione del dolore da parte dell'utente attraverso un numero (da 0 a 10; scala numerica) un aggettivo (assente - lieve - moderato - forte – atroce; scala verbale) o una lunghezza (da 0 a 10 cm; scala VAS). Si tratta di scale di facile utilizzo per l'utente, anche in contesti “caotici” come quello del Pronto Soccorso. Il limite principale è rappresentato dal fatto che, richiedendo la piena collaborazione dell'utente, sono spesso di difficile applicazione negli anziani e nei bambini.
Il trattamento del dolore è invece una responsabilità del medico di Pronto Soccorso, che sceglie il farmaco più adeguato, possibilmente seguendo linee guida di trattamento predefinite.
La rivalutazione del dolore dopo terapia analgesica spetta sempre all’infermiere. Essa permette di inserire, nel percorso di gestione del dolore, il principio della continuità terapeutica: qualunque sia, infatti, l’esito della valutazione di Pronto Soccorso (dimissione o ricovero) l'utente sarà seguito dalla registrazione di un ulteriore “parametro vitale”, che permetterà una corretta e mirata gestione della sintomatologia dolorosa.
Quello che ho descritto è un modello di gestione del dolore acuto applicato nella maggior parte dei Pronto Soccorsi italiani ma non rappresenta ancora la norma italiana.
La lotta al dolore può essere vinta grazie all'uso di una strategia che veda l’impegno delle forze politiche e di tutti gli operatori sanitari, in ogni contesto della sanità.
Un'ultima considerazione riguarda quella “cultura medica” che finora ci ha portati a considerare il dolore un sintomo importante per orientarci nella diagnosi e, pertanto, inevitabile: è fondamentale che la cura del dolore diventi bagaglio culturale del medico in formazione. Questo, però, non esime i medici già formati dal cambiare atteggiamento nell'approccio al dolore, tenendo fede così ad un giuramento nel quale si sono impegnati a perseguire tra gli scopi esclusivi della professione medica “..il sollievo della sofferenza..”.
Dott. Gaetano Diricatti U.O. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso Azienda Opedaliera e Universitaria di Pisa
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